TORINO
Bargigli e Pregiudizi VI edizione, quest’anno ha un tema “folle”.
“La rassegna sulla Follia – ci dice Anna Cuculo – quest’anno nasce da un ricordo bellissimo di un libro di Roberto Calasso: L’impuro folle, Biblioteca Adelphi, dedicato a Daniel Paul Schreber, presidente di Corte d’Appello a Dresda, che di punto in bianco, all’età di 51 anni, manifesta sintomi di pazzia e viene ricoverato nella clinica psichiatrica a Lipsia, dove rimarrà per sei anni, dal 1893 al 1899. Il punto focale della sua crisi nervosa consisteva nel credere che si sarebbe trasformato in una donna e che doveva lottare strenuamente “con un Dio doppio e persecutore”. Schreber però era convinto di non essere pazzo e, per dimostrarlo, negli anni trascorsi in clinica, scrisse un voluminoso diario, che verrà in seguito pubblicato con il titolo di Memorie di un malato di nervi. Riuscì nell’intento, e il ricorso in appello contro la sentenza di interdizione fu accolto”.
“Era un mio desiderio trasporre questa interessante storia in una rappresentazione teatrale, ma la faccenda era troppo complessa. Dunque, abbandonata l’idea, cerco altre fonti, e mi torna alla mente Patrick McGrath col suo bel romanzo Follia, ma anche questo di difficile trasposizione teatrale. Cercando ancora, vengo a conoscenza di un libro che ancora non avevo letto: Esoterismo e Follia di Angela Ugliola, in arte Njadyr Helgrindr. Contatto l’autrice, con cui nasce subito uno stimolante scambio di idee e leggo il libro, interessante e ricco di riferimenti filosofici. Ancora una volta però devo rinunciare alla trasposizione, proprio perché è difficile mettere in scena un saggio. Finalmente spunta, su suggerimento di Cinzia Oranges, che è stata in seguito di grande aiuto per la scrittura del testo teatrale, Donne e follia in Piemonte dell’autrice Bruna Bertolo, un appassionante se pur doloroso intreccio di storie realmente vissute da donne diverse tra loro per ceto sociale e caratteristiche mentali. Ecco che finalmente prendono forma, insieme ai racconti, l’azione, la musica, la danza a interpretare sentimenti, passioni, timori e tutto ciò che può contenere la mente”.
Quest’anno Anna, la vedremo protagonista sia in ambito letterario che teatrale. Se deve fare un punto sulla sua carriera come la definirebbe a oggi?
“Sicuramente la necessità e il desiderio di comunicare. Esiste una varietà di forme per comunicare. Mi sarebbe piaciuto, per esempio, anche saper dipingere, comporre musica, dedicarmi alla fotografia, ma, evidentemente, sia il caso, sia il destino, mi sono ritrovata a danzare, a cantare, a recitare e in seguito ad occuparmi di coreografia, regia e scrittura. Per me è stato, sin dall’inizio della carriera, un lasciarmi trasportare dal pensiero, evitando forzature di qualunque genere; non saprei come dire diversamente. Ancora oggi mi succede, quando, come in questi ultimi tempi, sono sovraccarica di lavoro, di ripetermi: lasciati andare, non farti ingannare da falsi sentimenti, questa è la tua vita, non giudicare, non chiederti se è bella o brutta, è semplicemente questa”.
Si ritiene un’artista folle?
“No. Mi ritengo un’artista che ha dedicato e dedica la sua vita a “comunicare” con le persone. In tutti questi anni è cambiato il modo, ma non l’intenzione. Vale a dire che se a inizio carriera quando avevo nove anni, pensavo semplicemente: mi piace danzare, stravedo per un tutù e per le scarpette da punta di raso (allora c’erano solo le Porselli), nel tempo ho capito che non si trattava solo di volersi esibire, bensì di voler trasmettere un’idea, un piccolo messaggio, accendere una curiosità nel pubblico. Spero di non sembrare presuntuosa: forse nel mio profondo intimo la finalità era, ed è, il trovare affinità con la mia forma mentis. Mettiamola come si vuole, fatto sta che mi piace comunicare da un palco, o attraverso un video, o anche per mezzo della scrittura, e trovare, se pur raramente, dei riscontri che portino al dialogo. Tutto ciò, sia ben chiaro, senza l’arroganza di voler insegnare qualcosa a qualcuno.
Che cosa è per lei la follia?
“Follia per me è un termine che si presta a molte interpretazioni, che possono andare dallo scherzo giocoso alla pazzia furiosa, quindi da un’espressione ironica all’impossibilità di ragionare “secondo gli schemi adottati dalle persone e secondo gli usi e costumi di civiltà diverse”. Ciò per quanto concerne gli esseri umani sul nostro pianeta, perché la follia può riguardare anche l’intero universo o più universi, o ancora la struttura interna della Terra o il mondo unicellulare, ma tralascio queste altre ipotesi perché non sarei in grado di dare spiegazioni soggettive, tantomeno oggettive”.