Il ritmo della consapevolezza
Parlare di respirazione ci fa venire in mente Odisseo, certo non per chiunque, ma per quelli che hanno avuto modo di leggere un po’, quello è un esempio calzante per poter capire di cosa stiamo parlando. Tornato a Itaca dopo vent’anni e mille avventure, Odisseo riconosce suo padre Laerte, ormai invecchiato, dal suo sospiro. Perché “pneuma”, così chiamavano il respiro gli antichi greci, non è solo la più importante delle funzioni vitali, è anche la manifestazione dell’anima. L’essenza della personalità: per gli Ellèni psiche si identificava con anima, originariamente intesa come soffio, respiro vitale. Questo concetto, pilastro della filosofia di Socrate, è alla base di tutte le religioni.
Fiato dell’oltretomba per gli egizi, consapevolezza del respiro per i buddisti e afflato divino per i cristiani. Per tutti, azione primordiale e generativa. Tradizioni filosofiche, religiose e spirituali traggono spunto dall’atto più comune. Involontario, al quale non prestiamo mai attenzione se non quando ci “manca l’aria”. O quando un virus sconosciuto potrebbe infettare il nostro apparato respiratorio impedendoci di respirare. Respiriamo tutti, ma in quanti lo facciamo come si dovrebbe?
Respirare bene ci aiuta a vivere meglio, a fare sport e divertirci. A pensare per poi agire. Un respiro profondo ci calma, regolarizza il battito cardiaco e combatte lo stress. Durante i corsi di meditazione insegnano a sincronizzare la mente con il respiro. Possiamo “osservare” il nostro respiro solo se siamo “presenti”. Ciò ci rende consapevoli. È il senso del respiro. Possiamo sentirlo, capirlo e amarlo. Gli apneisti lo sanno bene, trattengono il respiro e si abbandonano al ritmo del loro cuore come gli orchestrali alla bacchetta del maestro. Una musica ovattata dal ritmo crescente per un gran finale di fiati… senza dimenticarsi mai di respirare.
Respirare bene allinea i nostri punti energetici come spiegato bene nel libro Frequenze, Ed. TriplaE, 2024